Applicazioni e software, come trasformare il cellulare con le App

Applicazioni e software, come trasformare il cellulare con le AppApplicazioni e software, come trasformare il cellulare con le App

Quando agli inizi degli anni 90 Eddy Cue venne assunto alla Apple, era un semplice impiegato.

Nessuno poteva prevedere che quel tecnico di laboratorio, 20 anni dopo, avrebbe lanciato una mania capace di contagiare milioni di persone e rivoluzionare per sempre il modo di utilizzare il cellulare.

Grazie alle sue intuizioni, Cue (oggi ha 45 anni) da impiegato è diventato vicepresidente della Apple e braccio destro del suo ben più noto capo, Steve Jobs.

I galloni Cue se li è guadagnati sul campo. Anzi sul web: trasformando internet in un supermercato ultraredditizio e i telefoni in un carrello della spesa tascabile.

Cue, infatti, è la mente che sta dietro iTunes, il negozio di musica online più grande al mondo (oltre 8,5 miliardi di brani venduti), e specialmente l’uomo che si è inventato l’App Store, una web-vetrina a cui 75 milioni di persone ogni giorno accedono con un solo colpo di polpastrello sui loro iPhone e iPod touch. «Abbiamo reinventato quello che si può fare con un dispositivo mobile» disse Jobs al momento del lancio dell’App Store il 10 luglio 2008.

Mai profezia si è rivelata più azzeccata.

Sono trascorsi 19 mesi e il popolo della mela non ha mai smesso di visitare l’App Store scaricando oltre 3 miliardi di applicazioni e giochi al ritmo forsennato di oltre 5 milioni di download al giorno.

Riempiendo i forzieri della Apple e anche i conti in banca di chi produce i richiestissimi minisoftware. Secondo uno studio dell’istituto di ricerca Gartner, infatti, il mercato delle applicazioni è destinato a valere 6,2 miliardi di euro (8 miliardi di download) già nel 2010. E il vero boom è atteso per il 2013, quando il business raggiungerà quota 21,6 miliardi di dollari. Quello lanciato dalla coppia Jobs-Cue è un modello di business che fa gola a molti. Ecco perché hanno aperto i battenti, con migliaia di «app» a disposizione, anche i negozi online di BlackBerry (App World), Nokia (Ovi Store), Microsoft (Windows Marketplace), Google (Android Market) e Samsung (Application Store).

Recentemente ha debuttato anche Vodafone 360 (vedi vodafone 360) , la vetrina del gestore di telefonia mobile.

La ricetta di questo successo planetario sta in una sola parola: personalizzazione.

Un cellulare di ultima generazione (smartphone) oggi può trasformarsi in qualsiasi cosa semplicemente scaricando una app, come è stata battezzata dagli americani.

Parola che ricorda Apple, ma che è la contrazione di «application», applicazione.

Un colpo di polpastrello sul display, «et voilà»: lo smartphone diventa console per videogame, libro, calcolatrice, dizionario, navigatore, giornale.

Ci sono app per tutti i gusti che funzionano su tutti i cellulari. In queste pagine pubblichiamo le 100 che ci sono sembrate indispensabili e accattivanti, ma anche quelle divertenti per la loro inutilità.

Molte sono gratuite e la maggior parte non costa più di 3 euro.

Dopo questo test, ai poco pratici di tecnologia va detto: installare una app è più semplice di quello che si pensi.

Ragione che ha trascinato al successo questa nuova mania: basta avere, infatti, un abbonamento telefonico che consente la navigazione su internet, oppure uno smartphone che si colleghi al web senza fili utilizzando la tecnologia wifi (praticamente tutti i nuovi modelli).

Per accedere ai negozi online (non solo quello della Apple) basta toccare sullo schermo l’icona dello store e scegliere l’applicazione che più interessa.

A questo punto, con un altro tocco, il programma si scarica dal web e si autoinstalla sul telefono. Non bisogna essere iniziati informatici. Il sistema fa tutto da sé. Senza usare il computer.

Per pagare serve la carta di credito, ma basta digitarla solo una volta, quando si fa il primo acquisto.

Gli utenti dell’iPhone e dell’iPod touch hanno ormai un catalogo con oltre 140 mila software.

Ma sono migliaia e iperscaricate anche le applicazioni delle altre vetrine.

Dall’Ovi Store della Nokia in un paio di giorni sono stati più di 1 milione i download del programma Nokia Maps, software che trasforma gratuitamente i cellulari della casa finlandese in altrettanti navigatori satellitari.

Una mossa che in un solo giorno ha fatto perdere il 10 per cento in borsa ai titoli della società che produce il Tom- Tom, azienda che sull’App Store della Apple vende il suo software di navigazione a partire da 69 euro. Steve Jobs, quel famoso 10 luglio 2008, di fronte a migliaia di sviluppatori di software accorsi a San Francisco ad ascoltarlo come un profeta, aveva promesso: «Vi renderò ricchi». Detto, fatto. E la formula che ha reso milionari tantissimi programmatori è semplice.

Su ogni app venduta il 70 per cento del ricavato va in tasca a chi si è inventato il software. Il 30 per cento lo incassa la Apple. Lo sa bene Ge Wang, un programmatore di 31 anni che prima di inventare la app Ocarina era assistente di un professore all'Università di Stanford.

Ocarina è una delle 20 applicazioni più scaricate di sempre, permette di trasformare l’iPhone nello strumento a fiato.

Questa divertente quanto superflua applicazione (0,79 euro sull’App Store) ha fruttato oltre 5 milioni di euro al suo sviluppatore, che ha mollato il posto da dipendente per fare il programmatore a tempo pieno fondando la Smule. Società che da qualche settimana è di nuovo balzata agli onori della cronaca per un’altra applicazione milionaria: I am T-Pain (costa 2,99 dollari) e gli ha già fruttato oltre 3 milioni di dollari. Permette di cantare con la voce robotica usata dall’artista rap americano T-Pain.

Tanti gli italiani che hanno svoltato programmando app. Come Maurizio Zili, genovese, che ha inventato la app per vedere le news della Bbc o acquistare i biglietti del Sei nazioni di rugby.

O il napoletano Michele Aiello, che spopola con la sua app per compilare le schedine del Superenalotto.

Il modello della ripartizione degli utili lanciato da Apple (70 per cento produttore, 30 per cento gestore del negozio) è lo stesso utilizzato dagli altri store di app per telefoni Windows, Google, Nokia e Blackberry. Per questo i casi di successo si moltiplicano. Basta avere un’idea originale.

Già, perché i programmi più venduti e scaricati non necessariamente sono solo quelli tradizionali. Anzi, più sono strani, simpatici, inutili, in qualche caso grevi, più hanno successo.

Basti pensare a quello che si chiama iFart (vuol dire io tiro un peto, ndr), un software che costa 0,79 euro e fa emettere il suono di flatulenze all’iPhone. Il suo inventore, Joel Comm, è diventato milionario.

Per mesi la sua app gli ha fruttato oltre 10 mila dollari al giorno. Ma per un programma di successo ce ne sono molti che presto finiscono nel cestino.

Secondo una ricerca della Pinch Media, il giorno successivo al download solo il 20 per cento di chi ha scaricato un programma torna a usarlo.

Un mese dopo la percentuale è solo del 5 per cento. A 90 giorni di distanza l’applicazione è dimenticata con percentuali di utilizzo intorno all’1 per cento. «Per avere un certo successo» fanno sapere dalla Pinch Media «si deve essere nella lista delle 25 applicazioni più scaricate.

Ma negli Stati Uniti, per essere tra i primi 25, un programma deve essere scaricato almeno 20 mila volte, il doppio di quanto accadeva sei mesi fa».

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