Vacanze al mare, ma come sta il nostro mare?

Vacanze al mare, ma come sta il nostro mare?Vacanze al mare, ma come sta il nostro mare?

Sono 4.969 i chilometri di costa balneabile in Italia, pari al 96 per cento del litorale monitorabile.

In 27 province controllate, il 100 per cento della costa è a prova di tuffo; in altre 35 (due meno dell’anno scorso) la qualità è superiore alla media nazionale.

Soltanto in cinque province si scende al 90 per cento della media.

Questo significa che ci sono 106,7 chilometri di costa inquinata: di questi ben 28 si trovano in provincia di Caserta. Sono questi, in sintesi, i dati del nuovo Rapporto acque di balneazione del ministero della Salute.

A stilare le pagelle del mare c’è anche Legambiente, con la Guida blu da poco pubblicata con il Touring club italiano. Che con un punteggio medio di 3,4 vele per località, vede salda al vertice la Sardegna, seguita da Puglia, Toscana, Campania e Sicilia.

Altro riconoscimento ancora sono le Bandiere blu, assegnate dalla Federazione per l’educazione ambientale (Fee), organizzazione internazionale non-profit, che quest’anno ha attribuito l’ambitissimo vessillo a 117 comuni per un totale di 231 spiagge italiane.

Ma basta dare un’occhiata per vedere che in cima alla lista per numero di bandiere c’è la Liguria, seguita dalle Marche, mentre fanalino di coda sono Sicilia (quattro vessilli) e Sardegna (solo due).

Come si spiega la differenza fra le due classifiche?

È possibile che la Sardegna, con le sue spiagge rinomate e il mare cristallino, abbia valutazioni così incongruenti? Non si tratta di dati falsi, ma come ha puntualizzato di recente il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo quel che serve è un’informazione turistica più omogenea.

Che, andando a verificare, scarseggia in particolare per la Bandiera blu. Intanto perché le selezioni avvengono per autocandidatura: la Fee invia i questionari di partecipazione agli oltre 400 comuni costieri. Le norme per partecipare sono molto rigide: occorre la presenza di un depuratore, un esteso monitoraggio delle acque, sono vietate discariche in prossimità delle spiagge e così via. In teoria quindi solo i più virtuosi possono partecipare.

Il nodo è che, con le autocandidature, non viene passato in rassegna tutto il territorio nazionale, ma soltanto le località che rispondono al questionario. Non solo: «Per entrare nel novero, i comuni devono fare almeno due prelievi al mese di controllo delle acque di balneazione» spiega Sebastiano Venneri, vicepresidente e responsabile mare della rivale Legambiente. «La legge però permette alle località più pulite un solo prelievo, dato che sono anche costosi». Risultato? Niente Bandiera blu. Si tratta, secondo le stime dell’associazione ambientalista, di circa 2 mila chilometri di costa, paradossalmente, fra i meno inquinati. Ci sono poi le differenze di metodo.

La Legambiente punta più su salute, qualità ambientale e bellezza del paesaggio. Al contrario la Fee, oltre allo stato del mare valuta i servizi (come la raccolta differenziata e pure i corsi di educazione ambientale), le piste ciclabili, l’accessibilità per tutti, che non sempre significano paesaggi indimenticabili. C’è però un punto che, finora, ha accomunato in negativo tutte le rilevazioni sul mare, inclusa quella ministeriale.

I dati sulle acque di balneazione, che contribuiscono alle valutazioni, sono riferiti al monitoraggio della stagione balneare precedente: escono a ridosso delle vacanze 2010 ma è come fossero una foto dello stato del mare nel 2009.

Non garantiscono da inquinamenti e sversamenti dell’ultimo minuto. Così come è accaduto a metà maggio nella toscana Marciana Marina, dopo che un calo di corrente ha interrotto il funzionamento dell’impianto di setacciamento rifiuti, dopo l’assegnazione della Bandiera Blu come approdo turistico.

Ma grazie all’attuazione di una direttiva dell’Unione Europea, un primo salto di qualità si è compiuto giovedì 24 giugno, con l’attivazione di un nuovo sito del ministero della Salute (www.portaleacque. it). «Abbiamo utilizzato le mappe di Google» racconta Liana Gramaccioni, referente per il settore acque di balneazione del ministero. «Basterà cliccare per vedere nel dettaglio le spiagge, i risultati analitici dei campionamenti delle acque nel mese in corso e gli eventuali divieti di balneazione. Inoltre il sito è interattivo, il cittadino potrà inviare le proprie denunce».

Un modo per evitare spiacevoli sorprese quando si sceglie una vacanza e per stimolare le amministrazioni a fare meglio per essere prescelte.

Intanto, la Legambiente, come ogni anno, il 26 giugno e per tutta la stagione balneare, fa partire la Goletta verde, l’imbarcazione che con circa 450 prelievi in mare esegue un monitoraggio di alcuni tratti di costa, cercando di puntare anche dove si segnalano problemi. E la Fee?

«Le località con Bandiera blu sono soggette a ispezioni, annunciate e non, da alcuni anni in collaborazione con le capitanerie di porto» precisa Claudio Mazza, presidente della Fee Italia. «Se un posto insignito della nostra bandiera, nella stagione balneare in corso, non riesce a rispettare i criteri previsti, deve ammainarla ». Negli ultimi cinque anni, però, non c’è stata alcuna revoca, solo pochi casi di sospensione.

Come a Finale Ligure: «Per problemi tecnici all’impianto di depurazione non è momentaneamente in grado di rispettare la normativa». E per questo risulta deferita alla Corte di giustizia europea per violazione di una direttiva del 1991 sul trattamento delle acque reflue.

Non è la sola. «Incrociando i 178 comuni deferiti dalla Ue con la classifica Fee» sottolinea Primo Mastrantoni dell’associazione di tutela consumatori Aduc, «si scopre che altre Bandiere blu sono inadempienti: Massa Lubrense, Menfi, Pozzallo, Ragusa, Follonica e Piombino». Com’è possibile? Mastrantoni ipotizza l’ipotesi che il parametro sulle acque reflue abbia un peso minore rispetto ad altri per l’assegnazione del vessillo.

I comuni invece insorgono e parlano di errata comunicazione con la Ue. È il caso di Piombino, la cui spiaggia premiata, dicono, non è a ridosso della zona interessata dal completamento della rete fognaria.

Cadono dalle nuvole anche altri sindaci, fra cui quelli di Follonica, Bandiera blu da 11 anni, Pozzallo, da 9, e Menfi, addirittura da 14: «Qui è tutto in regola» dichiarano in coro. «Puntiamo sul turismo, abbiamo impedito la costruzione di un condotto per l’alta tensione in mare», afferma amareggiato il sindaco di Menfi Michele Botta. «Ci opporremo al deferimento». E così avanti con le polemiche. «Contestiamo il fatto che la promozione turistica sia affidata alle tanto pubblicizzate Bandiere blu» lamenta Carlo Pileri, presidente dell’associazione di difesa del cittadino Adoc. «Un sistema che danneggia chi ne ha meno, come Basilicata e Molise, ma con mari altrettanto belli».

Non ha tutti i torti, se anche la Commissione Ue si sta attrezzando per una strategia comune sulla promozione turistica (riquadro in basso). E non finisce qui. Altre novità sulla qualità delle acque di balneazione arrivano con l’applicazione della direttiva Ue. «Fornisce linee guida per la gestione del rischio associato alla fioritura di alghe tossiche» ribadiscono dalla segreteria tecnica del ministero dell’Ambiente.

Così da mettere ordine in un campo che, dopo l’invasione della temibile Ostreopsis ovata nel 2005, non va sottovalutato.

Quanto a criteri finalmente omogenei, l’estate 2010 è di transizione.

Il passaggio sarà completo con l’arrivo del profilo delle acque, una sorta di carta d’identità delle coste, con tanto di misure di gestione e prevenzione, che le regioni dovranno stilare entro marzo 2011. Seguito, dall’estate 2011, dalla classificazione delle spiagge secondo quattro classi di qualità, da scarsa a eccellente, e l’attribuzione di simboli (l’ipotesi è di stelle in ordine crescente) facilmente riconoscibili e comuni in tutta Europa.

Ma il mare italiano è più pulito o no? Sicuramente è più controllato rispetto agli anni Novanta, ribadiscono le associazioni ambientaliste, come Marevivo, che festeggia quest’anno i 25 anni, o Legambiente. Però non mancano punti critici. Per esempio, il problema dei residui di petrolio, oppure i Regi Lagni, una serie di vecchi canali, nell’area tra Caserta e Napoli, con acque non depurate che scaricano in mare.

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