Bot, Cct e Btp: investire i risparmi nei titoli di stato italiani

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Come comportarsi se l’euro va in crisi.

Bot e Cct, in Italia, restano affidabili, ma per essere più sicuri è meglio diversificare durata ed emittenti.

Dopo la Grecia, anche l’Irlanda ha rischiato il fallimento.

Cosa vuol dire? Vuol dire che la verde, cattolica, civilissima Irlanda non era più in grado di rimborsare i suoi debiti.

In termini ancora più chiari: non poteva né restituire i soldi né pagare gli interessi promessi ai tanti che avevano acquistato i suoi titoli di stato.

La ciambella di salvataggio lanciatale dall’Unione europea non ha fatto subito riprendere i mercati dallo choc, ma in questi casi occorre pazienza.

«Vendere? La paura è cattiva consigliera, ci vogliono almeno un paio di mesi perché i piani di soccorso manifestino i propri effetti e di solito, piano piano, la situazione si stabilizza.

Per la stessa ragione, è meglio non comprare subito approfittando dei prezzi stracciati, perché occorre valutare bene l’effetto delle manovre».

È stato così con la Grecia (che lo scorso marzo era sull’orlo dell’abisso) e succederà probabilmente anche con l’Irlanda. Dunque, bisogna tenere duro «perché trattenere i titoli significa sottrarsi alle speculazioni, difendere la propria economia e difendere l’euro».

Il discorso che preme al piccolo e a lmedio risparmiatore è però più basilare.

Più che pensare a difendere l’euro infatti, si preoccupa per i suoi soldi.

E si chiede: le crisi che si susseguono (dopo l’Irlanda si dice potrebbe toccare a Portogallo e Spagna) mi stanno dicendo che non devo più investire in titoli di stato come Bot e Cct?

Come faccio a scegliere quelli sicuri? Cosa mi rimane? Andiamo con ordine.

I titoli di stato sono obbligazioni che le banche centrali dei vari Paesi emettono per rastrellare un po’ di liquidità.

Insomma, per finanziarsi.

Più lo Stato è un debitore solido, più basso sarà l’interesse che pagherà per i suoi titoli.

«Non a caso la remunerazione più bassa è quella della Germania, considerata lo Stato più sicuro al mondo: e se vuole ottenere di più scegliendo obbligazioni di altre Nazioni, ci si deve preoccupare se lo Stato emittente è un buon pagatore oppure no.

E per questo esistono le agenzie di rating, quelle che stilano la classifica dell’affidabilità».

Tale affidabilità si esprime attraverso un codice preciso: triplaA (AAA) agli Stati ricchi come Germania e Stati Uniti. Doppia A per il Belgio e via a scalare. Alla doppia B, invece, scatta decisamente l’allerta.

«Attenzione però a non prendere tutto per oro colato, perché anche l’Irlanda era in classe A ed è stata abbassata soltanto dopo il rischio di default.

Idem per le cosiddette «Tigri asiatiche», mantenute nel 1998 in tripla A sino al rischio di fallimento.

La morale è che si deve dubitare anche delle agenzie di rating che sono anglosassoni (Standard & Poor’s e Moody’s le principali) e quindi molto più propense a proteggere i propri mercati, lasciando spazio alle speculazioni delle grandi banche.

In questo contesto, il risparmiatore è una formica in un mondo di giganti.

Ma qualche semplice accortezza può aiutarlo a proteggere i risparmi: «Innanzitutto, bisogna capire bene quanto capitale si è disposti a rischiare: e se si comprano titoli obbligazionari, è meglio diversificare la durata degli stessi e gli emittenti debitori».

Ma l’Italia, insomma, è sicura? «L’Italia dei Bot e Cct è considerata classe A+.

Tutto sommato conviene ancora. E la domanda di titoli di stato, nel nostro Paese, è alta».

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