Richiesta prestiti e scudo fiscale

Richiesta prestiti e scudo fiscale

Capitali di ritorno: l’operazione rientro è stata un grande successo.
E da gennaio i soldi verranno investiti in fondi, polizze e immobili. Chi già ha case e opere d’arte le userà per garantirsi prestiti.

Lo scudo fiscale ter ha chiuso con il botto.

Ora si attende l’onda d’urto. Cioè: il rientro dei capitali illecitamente trasferiti all’estero è andato benissimo, con una stima prudenziale di 80 miliardi di euro emersi, che ora dovranno essere investiti.

E chi se ne avvantaggerà?

Innanzitutto le banche «riceventi» e poi un po’ tutto il settore finanziario, ma anche l’immobiliare, i beni di lusso e, almeno questa è la speranza del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, l’apparato industriale nazionale fatto di piccole e medie imprese che richiedono urgenti ricapitalizzazioni.

Occorre una premessa: gli euro che entreranno in circolo saranno solo quelli fisicamente rientrati in Italia, che sono una parte di tutti quelli denunciati al fisco.

In assenza di indicazioni, si può presumere che si tratti di un 60 per cento del totale, cioè 50 miliardi: la stessa percentuale del 2001-2002, in occasione del primo scudo, quando su 54,6 miliardi emersi 33,2 furono riportati in Italia.

Un discorso a parte meritano gli immobili, i gioielli e le opere d’arte all’estero, la cui emersione apparentemente non serve per far ripartire l’economia.

Invece è vero il contrario: «Noi crediamo che verranno utilizzati come garanzia per ottenere fidi e prestiti dalle banche da parte di piccoli e medi imprenditori» dice Massimo Furno, capo del private banking della Deutsche Bank Italia.

Per uscire dalla crisi, insomma, un Picasso potrebbe servire più di una mazzetta di bigliettoni da 500 euro perché la liquidità, stando a quanto sostengono gli operatori, verrà investita principalmente in strumenti finanziari e solo in seconda battuta nell’economia reale.

I primi a guadagnare con lo scudo fiscale sono dunque le banche nazionali (comprese le filiali italiane di banche straniere), alcune delle quali hanno applicato commissioni fino all’1 per cento sul capitale «scudato» dal cliente, mentre altre (Deutsche Bank e la maggior parte delle banche svizzere, per esempio) hanno fatto tutto gratis nella speranza di intercettare nuovi ricchi clienti.

Pochissimi istituti sono disposti a fare outing e a dichiarare quanti soldi hanno fatto emergere, però, al telefono, tutti i banchieri avevano una voce molto ma molto allegra.

Compresi quelli di Intesa Sanpaolo e Unicredit, vedi Banca unicredit (anche se avrebbero intercettato meno delle previsioni) e di quegli istituti specializzati nella clientela «affluent » (ricca), come la Banca Esperia (joint-venture fra Mediolanum e Mediobanca) i cui clienti, secondo voci di mercato, hanno fatto rientrare euro a colpi di 3 milioni a operazione. «Il nostro taglio medio è stato di 7-800 mila euro» rivela invece Furno della Deutsche Bank Italia «per un totale di circa 2 miliardi, come da previsioni ». Più o meno la stessa cifra che dovrebbe avere scudato la Banca Generali.

Molto attiva viene indicata anche la Banca Mediolanum. (Vedi Banca Mediolanum: conto corrente Freedom confermato il 2,50% netto)

In generale le società specializzate nel private banking hanno dichiarato di avere fatto emergere 41,2 miliardi.

Ora, il punto è: dove vanno tutti questi soldi?

Per qualche mese resteranno verosimilmente depositati in semplici conti correnti (aiutando fra l’altro gli istituti di credito a migliorare i livelli patrimoniali) e nella prima metà del 2010 inizieranno a essere impiegati.

Tra gli strumenti utilizzati ci saranno le polizze vita (a capitale garantito) perché hanno il non trascurabile vantaggio di essere non pignorabili e non sequestrabili.

La seconda destinazione sarà il risparmio gestito, che fu l’investimento preferito nei precedenti due scudi: «I 500 milioni che abbiamo scudato» riferisce Luigi Mennini della Banca Finnat «andranno principalmente nell’asset management e, a seguire, nell’immobiliare».

Sul mattone potrebbe arrivare una pioggia di 15 miliardi. «Non prevedo a breve un boom del settore» commenta Mario Breglia, presidente dell’istituto di ricerca Scenari immobiliari. «Nei prossimi sei mesi, infatti, la domanda si concentrerà sulle case di lusso.

A Cortina, per esempio, si stanno concludendo affari importanti per immobili che erano sul mercato da anni. Ci vorranno 24 mesi perché una parte dei soldi rientrati, diciamo 15-20 miliardi, venga investita nel mattone».

Un settore che, tra l’altro, ha sofferto un crollo del 13,6 per cento delle compravendite nei soli primi 6 mesi del 2009. Insomma, nessuna ripresa dei prezzi come accadde, invece, tra il 2001 e il 2002, quando metà dei capitali rientrati finì nel mattone.

Infine c’è la borsa, che potrebbe avere un sussulto d’entusiasmo grazie all’ondata di liquidità. Ma sarebbe un entusiasmo per nulla «irrazionale» (per dirla alla Alan Greenspan, ex governatore della Federal reserve) e molto più selettivo.

È curioso notare, per esempio, che alla Mediobanca prevedono un rialzo significativo proprio dei titoli degli intermediari finanziari più attivi nel rientro dei capitali.

Alla fine sono loro, insieme al fisco, i veri vincitori della gara allo scudo.

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