Posta elettronica certificata e stop alle code negli uffici per avere certificati

Posta elettronica certificata e stop alle code negli uffici per avere certificati

Mai più tempi biblici e scarsa trasparenza per prenotare visite mediche e ricoveri.
A rendere la burocrazia meno elefantiaca penserà la Posta elettronica certificata, che dal 26 aprile diventa operativa.

Un’altra innovazione del ministro più amatoodiato d’Italia. Che subito ne annuncia altre due.

L’onda è partita: dal 26 aprile (Posta elettronica certificata: dal 26 aprile 2010 gratis) gli italiani potranno comunicare con la pubblica amministrazione senza spendere soldi, produrre copie cartacee, recarsi agli uffici, rischiare di perdere le pratiche.

Non temo di dirlo: è la più grande rivoluzione culturale mai prodotta in questo Paese ».

Per Renato Brunetta la felicità è una scrivania piena di documenti. Sono i paradossi della vita: per arrivare a eliminare la carta, deve prima firmarne tanta.

Lo fa anche in una calda mattinata di aprile, con l’aria di Roma rarefatta da un inconsueto mezzogiorno di fuoco.

E non solo per il sole che fuori Palazzo Vidoni scalda la gente, ma perché dentro il ministero della Funzione pubblica c’è l’atmosfera delle grandi occasioni. Quelle che ti possono fare santo sull’altare della politica, ma anche ridurti alla polvere.

E però all’amato-antipatico e popolare (stando ai sondaggi) Brunetta piace il rischio. Poteva starsene tranquillo (si fa per dire, visto il carattere) a Roma e invece s’è candidato a sindaco nella sua Venezia.

Ha perso, tradito dal voto leghista. Rivendica però la sua «battaglia sentimentale» e la vicinanza degli italiani. Racconta: «Ricordo l’sms di una signora.

Diceva: ringrazio i veneziani perché così ci hanno restituito un bravo ministro». Nemmeno un mese dopo, mescolato fra i collaboratori, Brunetta immagina per sé un ruolo da primus inter pares che non esiste nella realtà. I suoi top manager lo scrutano come un feticcio mentre sigla le pratiche di avvio dell’ultima scommessa: il Pec-day, il giorno della Pec, acronimo di Posta elettronica certificata. Detta così, pare non significare nulla. Ma guardando le carte, studiandole, sentendo lui e la decina di persone che lo circondano (gli imbalsamati sono pochi, evento raro per un ministero) sale la sensazione di una mezza rivoluzione. Anzi, Brunetta la rivendica come «la migliore riforma italiana dal dopoguerra a oggi». Altro che presidenzialismo. La faccenda è assai semplice. Spiega il ministro:

«La Pec è una casella di posta elettronica che si usa gratuitamente, ma ha lo stesso valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno».

Bene, ma a che cosa serve? «A certificare la comunicazione fra il cittadino e tutta la pubblica amministrazione». Per farla ancora più semplice, «con la Pec gli italiani potranno comunicare, cito a caso, con l’Inps, l’Aci, i ministeri, i comuni, le regioni, le asl». E chi più enti ha, più ne metta. Tasse, pensioni, multe. Certificati anagrafici, visite mediche, rendimento scolastico. Dia, rinnovo patenti, cause civili. Insomma: per risolvere ogni problema burocratico previsto dallo scibile umano (e dalle leggi dello Stato), potrebbe bastare la Posta elettronica certificata.

Ma se i risvolti tecnici, di privacy e di sicurezza sono stati ampiamente risolti dalle Poste italiane, per far partire «l’onda» occorrono ancora due condizioni: la volontà della pubblica amministrazione e quella degli italiani.

La prima è subito una dolente nota.

Già cinque anni fa il Codice dell’amministrazione digitale imponeva la Pec agli enti della pubblica amministrazione. Il ministro ha scatenato un controllo a tappeto. Alla notizia dei risultati, il riflesso del Brunetta antifannulloni sa di classico, miscela la furia e l’indignazione.

La legge è stata di fatto disattesa. Il Pec-cato originale. Ma la minaccia di riduzione dei benefit per i dirigenti inadempienti, prevista dalla riforma Brunetta (quella sul pubblico impiego), sta producendo negli ultimi giorni un adeguamento rapido e generalizzato. «Non mi fermo, punto alla copertura totale» annuncia il ministro. «Tutte le pubbliche amministrazioni dovranno a breve avere una Pec di riferimento. Perché, se qualcuno non sta al gioco, il gioco casca.

E se un’amministrazione non è dotata di posta certificata, costringe non soltanto il cittadino ma anche un’amministrazione parallela a inviarle ancora e sempre la carta». Fortunatamente ci sono anche gli italiani. Per stanare le amministrazioni inadempienti Brunetta conta su loro e su quello che chiama il «fenomeno».

La spinta, cioè, dei circa 22 milioni di persone che usano internet. «Sono la fetta più dinamica della popolazione. Quando la Pec si distribuirà massivamente, e loro si rivolgeranno alla pubblica amministrazione perlopiù online, faranno il pressing decisivo per la realizzazione della società digitale.

Quale sindaco potrebbe mai andare contro un tale movimento di opinione? Quale amministratore di asl o rettore universitario? Quale pazzo, insomma?».

Ecco: per eliminare la carta, le file, i telefoni, gli archivi, serve mutuare lo schema dei social network nei public network.

È questa la grande aspirazione di Brunetta, «da fare diventare realtà nel 2010» afferma lui stesso nell’enfasi dell’ottimismo «perché il futuro è adesso». Andasse come con gli ordini professionali, il ministro avrebbe già vinto: «Alcuni hanno risposto straordinariamente bene.

Notai, avvocati, commercialisti hanno voluto la Pec subito: facilita le loro professioni nel rapporto con catasti, tribunali e agenzie delle entrate. La verità è che la posta certificata diventa automatica quando si forma il bisogno.

Ma stiamo orientando anche le categorie che non hanno un interesse immediato ».

Nel frattempo può godersi lo start-up di talune grandi strutture pubbliche: «Inpdap, Agenzia delle entrate, Inail, corrono tutte come matte insieme a noi. L’Inps, grazie al ministro per la Salute Ferruccio Fazio, ha avviato la sperimentazione del certificato medico online ».

Il mondo della scuola, di solito conservatore, ha poi reagito stranamente bene: «In Italia ci sono già 500 istituti che comunicano con i genitori attraverso posta elettronica e sms. Adesso dobbiamo coinvolgere tutte le 14 mila scuole dello Stivale». Effetto collaterale del brunettismo: addio assenze ingiustificate a scuola (e meno male per il governo che i minorenni non votano). Gli sms sono il core business (gratuito, però) di Vivifacile, secondo passo dell’annunciata rivoluzione brunettiana; ovvero: un servizio di informazione della pubblica amministrazione via telefonino. Poi arriverà la terza e definitiva novità: l’attivazione dei pagamenti elettronici. «Siamo in una fase di convergenza molto delicata» ammette il ministro «ed è importante non fare passi falsi.

Questa storia è il grimaldello per aprire le porte dell’efficienza dello Stato». Ma anche la chiave per risparmiare denari. Per chi non lo sapesse, la pubblica amministrazione italiana costa almeno 270 miliardi di euro l’anno. Adesso lo insegnano anche alle scuole medie: meno burocrazia significa automaticamente riduzione della spesa e aumento del prodotto interno lordo. «È vero, ora come ora è difficile quantificare i risparmi» replica Brunetta. «Tuttavia ragioniamo su decine di miliardi, se non altro per i minori acquisti di beni e consumi.

Faccio il solo esempio del certificato di malattia online: materialmente si accantonano per la sanità circa 400 milioni l’anno.

In realtà sono molti di più, se si conteggia il tempo risparmiato da medici, pazienti e impiegati. È tempo a sua volta utile a produrre pil».

Non solo, «la digitalizzazione è un meccanismo virtuoso contro la corruzione». Considerato l’endemico malaffare italico, non è un caso che il nostro sia il primo paese industrializzato a tentare una rivoluzione siffatta. Solo il Regno Unito, semmai il premier uscente Gordon Brown dovesse vincere le elezioni, replicherebbe uno schema simile: è al primo posto del programma elettorale laburista.

Ma Giulio Tremonti farà mai un monumento all’amato-antipatico Brunetta? «Spero proprio di sì» se la cava il titolare della Funzione pubblica, che mormora invece un no comment sul leghista Roberto Calderoli, critico verso la sua candidatura a Venezia. Assai più affettuoso è il giudizio su Silvio Berlusconi («È contento, molto contento»). Se poi gli si chiede perché questa cosa della digitalizzazione non l’ha mai sperimentata nessuno prima, il ministro risponde con una teoria.

La teoria Brunetta. «È capitato a tutti di avere ospiti a cena e di mettere a tavola un vasetto di olive ».

In effetti, è capitato. «Il primo invitato prova ad aprirlo e non ci riesce. Ci prova un altro, e un altro ancora, ma niente: non si apre. Il vasetto arriva a un certo punto della tavolata, e zac, c’è uno che ci riesce». E allora? «Domanda: è lui il più forte, il più bravo, il più intelligente? O, più semplicemente, gli altri gli avevano allentato il coperchio? Ecco, io sono quello che ha aperto il vasetto ». Solo questo, ministro? «Vabbe’, c’- ho messo del mio.

Talvolta ho usato un linguaggio molto duro, criticato dai soliti radicalchic.

Ma è un fatto che mi ha dato molto consenso e di conseguenza molto potere.

E così ho potuto dare il colpo decisivo al coperchio».

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