Dolce & Gabbana, 20 anni di stile e abbigliamento sportivo per uomo

Dolce & Gabbana, 20 anni di stile e abbigliamento sportivo per uomoDolce & Gabbana, 20 anni di stile e abbigliamento sportivo per uomo

I due stilisti Dolce & Gabbana festeggiano domani a Milano: «Lo sport è stato utile per sdoganare la moda maschile»

La moda maschile di Domenico Dolce e Stefano Gabbana compie 20 anni.

Domani sera, dopo la sfilata milanese, la coppia di stilisti sarà festeggiata a Palazzo Marino, a un passo da piazza Duomo.

Caratterizzati da uno stile eclettico ispirato al mondo fiero degli uomini siciliani e alla fantasia borderline delmondorock, Domenico e Stefano sono stati influenzati dallo sport: personaggi disinibiti, corpi atletici e spirito di squadra hanno sempre rappresentato benissimo lo stile della loro moda.

Oltre che stilisti siete anche sportivi?

«Assolutamente sì — dice Domenico —: la domenica pomeriggio ci troviamo sempre per vedere le partite di calcio a casa mia. Io sono il vero tifoso; adesso, però, c’è il Mondiale, e anche Stefano, nonostante non sia molto esperto, occuperà la sua postazione e si entusiasmerà più di tutti gli altri».

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Co nvoi hanno lavoratoMadonna eWhitney Houston, simboli di femminilità e sregolatezza. Per la moda maschile, invece, avete creduto negli sportivi.

«Fino agli anni Novanta tutti consideravano la moda per l’uomo solo per omosessuali o per personaggi stravaganti, quindi rivolta a una piccolissima fetta di mercato. Poi abbiamo cominciato a vestire la moglie di David Beckham, Victoria, che allora faceva parte delle Spice Girls: ogni lunedì mattina, quando i negozi a Londra erano chiusi, David andava nel nostro store in Bond Street per ordinare capi speciali per Victoria. Piano piano ha cominciato a chiedere qualcosa anche per lui. È stata la molla che ha sdoganato la moda maschile: un uomo, calciatore, sposato con una Spice, che indossava orecchini e jeans strappati, che sceglieva e si permetteva di vestirsi così! Abbiamo pensato che potevano farlo anche tutti gli altri».

Cosa dite della campagna di intimo con cui avete tappezzato l’Italia nel 2006, con le mutande indossate dai calciatori?

«È stato un grande colpo di fortuna per noi! Subito dopo l’Italia ha vinto il Mondiale! Abbiamo sempre lavorato seguendo l’istinto, e questo è uno dei motivi del successo: non abbiamo mai iniziato niente come operazione di marketing».

C’è differenza tra usare un modello oppure un calciatore per le foto delle mutande?

«Ci siamo resi conto subito che partecipare a una partita di calcio è un momento che esprime un forte senso democratico: tutti parlano la stessa lingua e tutti si entusiasmano per la stessa cosa, lì c’era un altro mondo che non conoscevamo. A questo punto abbiamo detto: se noi dobbiamo migliorare la comunicazione con il mondo maschile, che cosa c’è di meglio del calcio?».

La vostra moda è poi diventata la moda dei calciatori.

«Sì e fortunatamente non solo dai calciatori. Noi abbiamo imparato tante cose dallo stile che gli uomini esprimono in situazioni tipicamente maschili: andare in palestra ci ha insegnato molto. Lì abbiamo incontrato persone di tutti i tipi, lì capisci la meccanica della psicologica maschile, le necessità degli uomini e il loro desiderio di associarsi in squadra… Uniti dalla volontà di star bene, ritornare alla semplicità naturale nei rapporti e confrontarsi con onestà. E poi tutti questi sforzi faticosi: palestra, dieta, vita sana, si fanno per il desiderio di volersi bene e anche per essere guardati e ammirati dagli altri».

Che cosa è indispensabile nel guardaroba degli uomini?

«Un abito elegante, giubbotti di pelle e il jeans che, con tutte le sue evoluzioni, è il capo sempre vincente».

Ma l’uomo come è cambiato rispetto a 20 anni fa?

«I nostri clienti sono fedeli a uno stile. Le mode passano ma lo stile rimane, la moda è sempre in evoluzione perché è lo specchio dei tempi. È stata la moda maschile, non quella femminile, che ha fatto negli ultimi vent’anni la vera rivoluzione silenziosa».

Torniamo allo sport. L’anno scorso avete reinterpretato la Maglia rosa per i 100 anni del Giro d’Italia.

«Conoscevamo pochissimo il mondodel ciclismo, ma la Gazzetta dello Sport ci ha proposto di fare insieme quest’omaggio al Giro d’Italia: curiosi, abbiamo accettato la sfida. Non abbiamo voluto prevaricate la tecnologia e le esigenze tecniche, siamo intervenuti soltanto sull’estetica della mitica Maglia rosa. Anche questo è stato un successo».

Quattro anni fa avete creato la divisa ufficiale per l’Italia di Lippi al Mondiale di Germaniae poi la Nazionaleha vinto. L’avete disegnata anche stavolta per il torneo in Sudafrica: porterete ancora fortuna?

«Probabilmente hanno portato e porteranno fortuna loro a noi…».

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