Titoli di Stato italiani, un’occasione d’investimento

Titoli di Stato italiani, un’occasione d’investimento

Sui principali mercati governativi è iniziata, a partire dallo scorso novembre, una fase di sell-off.
Negli Usa il rialzo dei rendimenti è iniziato a seguito del Quantitative Easing 2 che ha diffuso tra gli operatori il timore che lo spettro dell’inflazione possa ripresentarsi in tempi più rapidi di quelli previsti determinando un clima di sfiducia nei confronti del segmento obbligazionario.

Nell’ultima settimana, tuttavia, le tensioni politiche in Nord Africa hanno generato di nuovo risk-adversion tra gli operatori provocando vendite sulle Borse e acquisto di titoli risk-free. In Europa il decennale tedesco ha raggiunto massimi di rendimento che non si registravano da febbraio 2010.

Il mercato sembra scontare una maggiore probabilità che gli sforzi condotti da Ue e Fmi possano condurre a una risoluzione del problema del debito sovrano europeo. Si sta discutendo sulla possibilità di rafforzare ulteriormente il fondo salva Stati, permettendo allo stesso organismo di investire la liquidità sui mercati dei titoli governativi per abbassare la pressione sui premi al rischio e favorire l’assorbimento della nuova offerta netta. Tutti i Paesi europei (in particolare Irlanda, Spagna, Grecia e Portogallo) stanno conducendo significativi progressi sul piano della riduzione del deficit che tuttavia dovranno essere accompagnati da ulteriori tagli alla spesa pubblica.

Diversa anche l’impostazione con cui Fed e Bce stanno affrontando l’attuale scenario macroeconomico: mentre la Fed continua a essere molto accomodante e a supporto della crescita economica (le stime di crescita del Pil superano in media il 3%), la Bce continua ad avere un atteggiamento molto deciso nel combattere l’inflazione (stime preliminari parlano di un 2,2-2,4% annuo), spinta al rialzo dal violento rally delle commodity.

Il mercato interbancario sta già scontando un rialzo dei tassi di almeno di 50 punti base entro fine anno. Nel credit market la prospettiva di una possibile soluzione definitiva del problema del debito sovrano dei Paesi Piigs ha consentito un forte restringimento sia a livello cash sia Cds degli spread dei titoli corporate periferici: anche i corporate financial hanno beneficiato del movimento di compressione degli spread con brillanti over-performance dei bancari spagnoli e italiani.

Inoltre si è assistito al ritorno sul mercato primario di emittenti quali Gas Natural, Telefonica, Edp, Portugal Telecom e Telecom Italia: tutte le emissioni hanno registrato un forte interesse da parte degli investitori con una decisa riduzione dello spread non appena quotate sul mercato secondario.

Sul primario piuttosto intensa è stata l’attività di emissione da parte di banche italiane che hanno incontrato il favore degli investitori su scadenze molto brevi offrendo cedole variabili molto generose.

Il clima di ritrovata propensione al rischio ha avuto un effetto positivo anche sul mercato corporate high-yield, rivitalizzando anche le attività di primario e poco ha pesato il downgrade di Fiat.

Piuttosto penalizzato invece il mercato fixed-income dei Paesi emergenti che ha subìto negativamente sia l’effetto dell’aumento dei tassi Usa sia il sentiment negativo che ha pesato sui listini azionari emergenti a causa dell’inversione di tendenza nella politica monetaria in atto in diversi Stati, soprattutto asiatici (India e Cina su tutti).

Si continua ad avere una view positiva sui titoli di Stato italiani: gli attuali livello di rendimento non riflettono il reale rischio di credito, ma sono il frutto del deterioramento del sentiment di mercato (rendimento del Btp decennale sui massimi storici al 4,8%).

Sulla curva europea lo scenario che si ritiene più probabile e che si è già implementato sui portafogli è quello di un appiattimento della curva. L’attuale inclinazione del tratto 2-10 anni, infatti, non riflette ancora la situazione macroeconomica ed è destinato a ridursi ulteriormente. Interessanti l’opportunità offerta dai Cct a scadenza maggiore che, sia nella vecchia forma di indicizzazione ai Bot che in quella nuova di indicizzazione all’Euribor, quotano ancora fortemente sotto la pari.

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